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FOCUS
Extravergine e sorprese...
«Il mondo dell'olio extravergine d'oliva
nasconde nelle sue pieghe dei "segreti"
che sarebbe bene cominciare a svelare»

di «Hemingway» e F.Antonangeli
maggio 2003




      Ai consumatori smaliziati si apre un baratro profondissimo, non vuoto ma pieno di brutte sorprese.
      Il mondo dell'olio extravergine d'oliva nasconde nelle sue pieghe dei "segreti" che sarebbe bene cominciare a svelare: tutti i possibili difetti dovuti a cattiva qualità delle olive, raccolte tardivamente, stoccate male e avviate al frantoio in tempi troppo lunghi, lavorate in eccessiva economicità e quindi, se possibile, ancora più penalizzate e, dulcis in fundo, l'approssimativa conservazione dell'olio extravergine prodotto.
      Gli scaffali dei negozi, senza distinzione alcuna tra grande distribuzione, piccoli e medi esercizi, come anche prestigiose gastronomie ed enoteche blasonate, riservano quasi esclusivamente "reperti fossili" di bottiglie, che non supererebbero un'analisi organolettica seria, seppur non severissima.
      Un conoscenza maggiore delle caratteristiche positive dell'extravergine sarebbe un'ottima base di partenza per accertarsi che quello che si acquista non sia viziato da quei, frequentissimi, difetti che troppo facilmente si rivelano solo a bottiglia aperta.
Milena Gabanelli...
una puntata che
ha fatto la storia!



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Puntata di domenica 10 marzo 2002, ore 23:00



Alcuni campanelli d'allarme

      Se è corretto, entro certi limiti, paragonare la produzione dell'olio extravergine d'oliva a quella del vino, assimilando i prodotti per livello qualitativo, non si capisce perché non si debba riportare in etichetta l'annata di raccolta e quella di commercializzazione, sapendo che la legge impone una scadenza di diciotto mesi dalla data d'imbottigliamento, attenzione d'imbottigliamento! La campagna olearia del 2002 è stata una tragedia dal punto di vista dei difetti in oliveto, mosca olearia infestante ai massimi livelli tollerabili e tutta una serie di avversità varie hanno determinato una sconfitta annunciata per i produttori biologici, ferme restando le differenze sostanziali da microzona a microzona.


Come difendersi

      Il primo passo, necessario e doveroso, è sicuramente l'accettazione della necessità di una presa di coscienza come consumatori. Perché parliamo di 'accettazione'? Perché il consumatore medio non accetterà facilmente l'idea che il prodotto olio fino ad ora consumato era, e continuerà ad essere, nella stragrande maggioranza dei casi, un prodotto di scarsa qualità organolettica, raramente italiano, a prescindere da quanto millantato in etichetta, ottenuto dalla miscela di oli lampanti mediterranei, anche italiani, perché ne produciamo in gran quantità, con piccole percentuali di olio extra vergine, percentuali che non sono mai indicate in etichetta, perché rivelerebbero la quantità di altro prodotto utilizzato. Il consumatore medio non vuole accettare questa realtà perché lo porterebbe alla ricerca di un prodotto di nicchia, ad oggi per la verità anche di difficile reperimento sul mercato, il cui costo, purtroppo, non sempre è sostenibile per una famiglia media.
      Si può però procedere per gradi successivi. Per esempio le bottiglie. Partendo dalla consapevolezza che l'olio imbottigliato deve essere conservato al riparo da fonti di luce e calore, il consumatore attento dovrà scartare dai banchi di offerta tutte le bottiglie che, per fare vedere il colore del prodotto, sono di vetro chiaro. L'olio non ama neanche il metallo, pertanto è da preferire sempre il vetro. Ricerchiamo l'indicazione della campagna olivicola preferendo quei prodotti che ne riportano la menzione in etichetta. Rivolgiamo poi la nostra attenzione ai prodotti DOP, i quali devono seguire un disciplinare di produzione molto rigido, quindi con un costo leggermente più alto dei prodotti delle grandi industrie si può avere un prodotto più controllato, in cui il frutto utilizzato è sicuramente italiano, per il quale si ha un minimo di tracciabilità in più.
      Ricordiamoci inoltre che, non è cosa rara l'utilizzo di oli provenienti da altri paesi del bacino mediterraneo per la produzione dei milioni di litri di olio che entrano in commercio ogni anno. Anzi, è la prassi comune. Per cui non stupiamoci del fatto che l'olio utilizzato non sia italiano al 100%, e non crediamo che lo sia. I grandi nomi italiani dell'industria olearia non possiedono una sola pianta d'ulivo. Acquistano ovunque, in Italia, Spagna, Tunisia ecc, e, a prescindere dalla qualità della compagna olivicola, la quantità e il prezzo dell'olio commercializzato non subiscono mai variazioni. Questa è una realtà che prima di tutto va conosciuta. Solo dopo potremo decidere se continuare ad accettarla oppure no, ma come consumatori non possiamo pensare di continuare a chiudere gli occhi.
      L'idea nuova che viene affacciandosi è quella di valutare l'olio come un altro grande prodotto italiano, oltre il vino, con le sue caratteristiche organolettiche, che variano per cultivar e regioni. Intrecciando le prime con le proprietà del terroir si possono creare infinite tonalità e sfumature di aromi, tutte da scoprire e valutare, e soprattutto imparare ad amare.
       Avviciniamoci quindi all'olio riconoscendone le capacità e le qualità alimentari, mediche, salutistiche e non avendo paura di chiedere di più da questo prodotto. Il suo è un potenziale immenso, che ci saprà stupire. Per cui chiediamo. Diventiamo consumatori attenti ed esigenti.


Come orizzontarsi


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      E' da poco terminato il Primo Corso sulla degustazione dell’Olio Extravergine di Oliva secondo il metodo di Associazione Italiana Sommelier di Roma che, a differenza di altri, poneva l'accento non tanto e solamente sui difetti riscontrabili, e riscontrati, sui campioni presi in esame e sull'intensità degli stessi, quanto sui parametri positivi, sulle qualità e sui corretti abbinamenti, non prendendo ancora posizione, e giustamente, ma privilegiando quei criteri produttivi e quegli standard qualitativi indiscussi che hanno decretato l'enorme successo di produzione eccellente nel mondo dell'enologia.



L'olio dell'eccellenza

      Non a caso la visita didattica dei corsisti è stata effettuata alla Fattoria di Felsina, a Castelnuovo Berardenga, nella terra senese al confine tra l'area rocciosa del Chianti Classico e quella, con maggiore presenza di limo, delle crete senesi.
      Caratterizzata da un gradiente termico assimilabile quasi a quello australiano, a detta di alcuni enologi, siamo nell'area sud-ovest, quindi meridionale del Chianti, il produttore ha identificato tre unità oliveto diverse ma omogenee per giacitura ed esposizione. I vigneti contigui sono collocati tra i 440 ed i 320 metri slm.
      La scelta di puntare su unità oliveto come per i vigneti più vocati non è casuale, ma è conseguenza della scelta di puntare rapidamente al massimo della qualità possibile.
      Felsina è caratterizzata da terreno calcareo e ricco di macigno, come nel vigneto Rancia, Chianti Classico; Boschi dalle crete e marne della zona del senese e Pagliarese rappresenta una recente acquisizione dell'azienda (1995).       Le 12.000 piante delle tre unità oliveto rappresentano i tre genotipi, tipiche della Toscana, che vengono imbottigliate per monocultivar: Leccino, Moraiolo e Raggiolo.


      In locali condizionati, si ha l'impressione di essere più in un laboratorio che in un frantoio, le olive sono avviate alla lavorazione in tempi rigorosissimi, registrati, e quindi riscontrabili, su una tabella di marcia severissima, seguendo quello che si può definire il Manifesto in progress© di Luigi Veronelli; denocciolate, tecnica che permette di abbassare enormemente i perossidi e l'acidità, e senza l'immissione di acqua che abbatterebbe i polifenoli.
      Sono certificati tre Raggiolo differenti, tramite DNA e studio fogliare, che originano tre oli distinti, dalle caratteristiche organolettiche diverse, ancora però nell'imbottigliamento non diversificati come cru.
      Se fosse mai possibile prevedere il futuro dell'olio extravergine sarebbe quanto mai auspicabile puntare su tecniche analoghe a quelle enologiche: raccolta differenziata e manuale, banchi di cernita delle drupe, come dei grappoli, ed attenta e scrupolosa trasformazione secondo i più moderni criteri di produzione, che utilizzino una materia prima ottima per qualità e stato sanitario. Anche se ovviamente tutto questo inciderà decisamente sul prezzo finale di vendita... Fattoria di Felsina produce anche un olio extravergine tradizionale nella vicina tenuta del Castello di Farnetella.

Luigi Veronelli©



WEBMASTER L.Romano     GLOSSARIO

9/1/2004 15.20